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come funziona una lavanderia industriale?
la biancheria sporca, ritirata presso il cliente, viene portata in reparto accettazione della lavanderia industriale. Qui cernita e contata attraverso dei sistemi conta pezzi per lo più costituiti da soppalchi forniti di buche provviste di fotocellule e contatori per le varie tipologie di biancheria (questa operazione è tanto più necessaria se si considera che normalmente le lavanderie industriali sono proprietarie della biancheria che noleggiano a ristoratori, albergatori, aziende sanitarie… cosi da monitorare eventuali mancanze di biancheria). Tale biancheria, già suddivisa per tipologia, viene pesata automaticamente ed introdotta nelle macchine di lavaggio che spesso sono costituite da lavacontinue, più raramente da macchine di lavaggio supercentrifuganti a scomparti. Nel caso di impianti utilizzanti macchine lavacontinue l’operazione di pesa e di carico avviene automaticamente attraverso dei sistemi di caricamento a nastro in sacchi, questi sacchi vengono poi trasportati in alto e scorrono su delle guide poste a diversi metri di altezza e con leggera pendenza nel percorso in direzione delle tramogge della lavacontinua.Una volta giunti in corrispondenza delle tramogge di carico delle lavacontinue nel momento esatto di accettazione carico, il plc della lavacontinua invia un segnale al sistema di caricamento aereo che sgancia la chiusura del sacco che si aprirà facendo cadere la biancheria da lavare in tramoggia.
Nel caso di lavanderie configurate con lavatrici supercentrifuganti, queste sono perlopiù a scomparti a cesto sospeso (tramite ammortizzatori) e vanno caricate manualmente vuotando il carrello nella macchina dopo averlo pesato, questa operazione di peso è necessaria perché le macchine centrifughe si possano bene bilanciare. Il numero degli scomparti può variare da 2 a 4, anche se le macchine più usate hanno il cesto suddiviso normalmente in tre scomparti.
Per capi di biancheria di piccolo taglio tipo coprimacchie, tovaglioli e spugne, si può usare come macchina di lavaggio anche una lavatrice a cesto unico, infatti gli scomparti hanno la funzione di non fare intrecciare i capi lunghi di biancheria, le lenzuola, che si rovinerebbero per l’azione meccanica dovuta allo sfregamento di un lenzuolo sull’altro e sarebbe inoltre difficile l’operazione di “strecciamento” necessaria conseguente al lavaggio. Tali macchine a cesto unico possono essere ribaltabili o no a seconda della produzione della lavanderia. Il cesto sospeso su ammortizzatori si rende necessario per equilibrare la macchina ed assorbire le energie meccaniche dovute ad un carico non perfettamente bilanciato che ruota ad altissime velocità (700-900 rpm). Grazie alla presenza di ammortizzatori la lavatrice può fare raggiungere al cesto più alte velocità di rotazioni limitando, comunque, rischi di rotture, di eccessive vibrazioni e sollecitazioni che inevitabilmente si scaricherebbero a pavimento. Le macchine di lavaggio supercentrifuganti a scomparti possono poi essere a barriera igienica, cioè pensate per le applicazioni ospedaliere o, più in generale sanitarie dove vi è la necessità di tenere sempre separati i capi di biancheria lavati e sterilizzati dai capi sporchi in ingresso in lavanderia. Questa esigenza si affronta creando due ambienti separati ermeticamente l’uno dall’altro attraverso un muro e le lavatrici avranno due porte una su un lato che verrà posizionato all’interno della camere biancheria in ingresso sporca/contaminata che sarà la porta di carico, l’altra porta sarà posta nell’altro lato che verrà aperto solo dopo il ciclo di lavaggio e sterilizzazione, fungerà da porta di scarico e sarà ubicata nell’ambiente sterile detto appunto camera pulita. Va da se che nessun oggetto proveniente dall’esterno potrà essere introdotto nella camera pulita e gli stessi operatori per entrare nella camera pulita dovranno accedervi necessariamente attraverso una precamera dove sono disposte delle docce e uno spogliatoio, fare la doccia, cambiarsi di abito indossando dei camici asettici, cuffie per il capo e scarpe anch’esse asettiche. A tale scopo vi sono anche delle camere di sterilizzazione dei materassi costituite da camere normalmente in acciaio inox all’interno delle quali vi sono dei condotti provvisti di ugelli dai quali viene insufflato vapore alla pressione di 12 bar, questo perche devono fungere da autoclave visto che alcuni batteri ed in particolare alcune spore sopravvivono fino a circa 120°C e, ricordando dalla tabella del vapore saturo, che il vapore a 12 bar ha una temperatura di circa 180°C. Per le stesse ragioni è necessaria la presenza di macchine sterilizzatrici dei carrelli di trasporto della biancheria sporca/pulita, anch’essi sono costituiti da tunnel di sterilizzazione a vapore. La lavacontinua bene si presta a risolvere questa necessità avendo un percorso obbligato ed un ingresso ed una uscita geometricamente contrapposte per costruzione e configurazione propria di lavoro. La lavacontinua è costituita, infatti, da un tunnel all’interno del quale sono ricavate delle camere che variano in numero da 8-24 circa capaci di accogliere, nel giusto rapporto volume acqua e peso carico, una quantità di biancheria da lavare che va da 30kg a 60kg per modulo.
All’interno di ogni modulo a tenuta stagna rispetto agli altri moduli vi è il bagno di lavaggio; disposto assialmente al percorso della lavacontinua, nel modulo è libero di ruotare un cesto forato e provvisto di spallette che servono a migliorare lo sbattimento della biancheria in acqua. I cesti della lavacontinua sono provvisti di opportune sedi di tenute idrauliche tra i tamburi e all’interno sono presenti delle coclee forate che occupano parzialmente il cesto nella parte alta in fase di lavaggio. I cesti della lavacontinua in modo solidale vengono fatti ruotare parzialmente (lavaggio a culla) nei due sensi di rotazione e solo dopo un prefissato periodo di tempo compiono il giro completo intrappolando la biancheria nella coclea che la spingerà nel cesto successivo dopo averla scolata dall’acqua. Va da se che ogni scomparto o modulo abbia un bagno di lavaggio indipendente dagli altri moduli.
Per la fase di caricamento che avviene dall’alto tramite un sistema di caricamento aereo a sacchi o tramite un sistema di caricamento tramite nastro pesa, la lavacontinua è provvista di una tramoggia sulla superficie interna della quale viene fatta scorrere dell’acqua che aiuterà la biancheria introdotta a scivolare all’interno del primo cesto della macchina. La prima funzione della lavacontinua è quella di abbattere i costi di lavaggio e i tempi dello stesso, infatti questa è in grado di recuperare acqua, saponi e calore. Per poterne capire al meglio il funzionamento vediamo di analizzare le varie fasi del lavaggio. In una prima fase si lascia a bagno la biancheria da lavare per ammorbidire le macchie, in realtà in questa fase il tessuto assorbe l’acqua e stacca la macchia che galleggia sull’acqua ma ancora nelle fibre. In questa fase non abbiamo bisogno di acqua pulita possiamo cosi utilizzare acqua risulta di lavaggio purché fredda, infatti se fosse calda si rischierebbe di fissare la macchia alla fibra anziché staccarla. A questo punto si introducono i saponi che hanno la funzione di tensioattivi in primis e di ulteriormente ammorbidire le macchie per aggressione chimica, in particolare contenendo dei solventi ed enzimi che favoriscono, velocizzando il processo di disgregazione delle macchie, il lavaggio dei capi. Facendo aumentare la superficie occupata dall’acqua attraverso le bolle, i tensioattivi hanno la funzione di disperdere le macchie nell’acqua stessa. Importantissima è l’azione meccanica di sbattimento della biancheria in acqua, a tal fine nelle macchine lavatrici come pure nelle lavacontinue sono presenti delle spallette e i cesti ruotano facendo rotolare i capi verso l’alto per poi farli rovinare con violenza sull’acqua imitando quello che le nostre nonne lavandaie facevano alla roggia, sbattere i capi sull’acqua e strofinarli con cenere o saponi. La fase di lavaggio prevede un innalzamento della temperatura del bagno di lavaggio relativamente graduale e dei tempi di lavaggio ben definiti. L’operazione di lavaggio in macchina viene di norma seguita da una sequenza di scarichi parziali di acqua dal bagno di lavaggio ed introduzione di nuova acqua e prodotti di lavaggio in più cicli o fasi di scarico parziale e ricarico a temperature diverse. Nel formulare la ricetta il lavandaio terrà conto della tipologia di tessuto, il grado di sporco e l’origine delle macchie, nonché della più o meno tendenza di quello specifico bagno a perdere la pigmentazione della tinta. Terminata la fase di lavaggio vera e propria si deve ora risciacquare la biancheria dai residui di macchie e prodotti di lavaggio, cosi, dopo un primo scarico totale del bagno di lavaggio, si provvede a caricare acqua fresca nella macchina e a farla bene penetrare nelle fibre attraverso azione meccanica in modo da dissolvere in se i prodotti di lavaggio, dopodiché si provvede allo scarico totale dell’acqua e ad una prima strizzatura dei capi; Tale strizzatura in lavatrice avviene facendo partire una precentrifuga. L’azione di risciacquo si ripete almeno un’altra volta con le medesime procedure già viste: carico acqua, azione meccanica, scarico. Durante l’ultimo ciclo di risciacquo si aggiunge l’ammorbidente che lascia la fragranza e il senso di pulito alla biancheria lavata.
A questo punto si provvede alla completa strizzatura dei capi che avviene, nelle macchine lavatrici centrifugando ad alta velocità e sfruttando l’energia cinetica per separare l’acqua dai capi di biancheria bagnati. Vediamo dunque, alla luce delle riflessioni fin qui espresse quale sia l’utilità di sostituire la lavatrice supercentrifugante con una lavacontinua e i criteri e i limiti che determinano l’opportunità di questa scelta. Le fasi di lavaggio precedentemente viste sono scandite in un arco temporale in una unica vasca, la lavacontinua invece traduce queste fasi temporali distribuendole in vari moduli dedicati ad ogni fase cosi da leggere le fasi temporali in fasi spaziali per cosi dire nella lunghezza della macchina.
Come abbiamo visto nella fase di prelavaggio non è necessario che il bagno sia costituito da acqua pulita ma va bene anche acqua di risulta del primo risciacquo che è fredda e ha sciolto in se parte dei prodotti di lavaggio che aiutano ad ammorbidire nella fase iniziale di ammollo. Cosi la lavacontinua che ha un sistema di pompe e vasche e tramite delle valvole riesce a recuperare tale acqua dalla vasca di primo risciacquo ed inviarla nella vasca di ammollo e prelavaggio. Nella seconda vasca normalmente il fluido di lavaggio è in parte recuperato dalla vasca successiva, a questo punto vengono introdotti in vasca altri prodotti. Nelle vasche successive viene sempre, almeno parzialmente, recuperata parte dell’acqua di lavaggio delle vasche ancora successive e a mano a mano che si va avanti nel tunnel aumenta anche la temperatura del bagno di lavaggio. Si opera cosi in controcorrente rispetto all’ingresso del fluido. Infine si arriva ai risciacqui sempre con lo stesso metodo fino ad arrivare all’ultimo risciacquo dove si inserisce l’ammorbidente. Gli scarichi nei risciacqui devono essere completi e nella lavatrice abbiamo visto si ricorre alla precentrifuga, qui non abbiamo tale prerogativa, si fa in modo, comunque, di dare un tempo di sgocciolamento congruo. Questo è il meccanismo di funzionamento di una lavacontinua in generale, ma il plc di questa deve poi tenere in debito conto la natura dei tessuti da trattare e i colori, quindi recupererà solo quando non ci sono rischi di inquinamento del bagno di lavaggio e regolerà le temperature e i livelli del bagno a seconda del carico di lavaggio. In generale nelle macchine di lavaggio centrifuganti si può utilizzare acqua addolcita nelle fasi di lavaggio, dove vi è utilizzo di tensioattivi, mentre nelle fasi di risciacquo si utilizza acqua dura; questo perché, come è noto, la durezza dell’acqua (ossia la concentrazione in soluzione di Sali di calcio e di magnesio) inficia l’efficacia dei tensioattivi reagendo con il cloruro di magnesio dando origine ad un precipitato salino insolubile e riducendo, di conseguenza, il potere dei saponi. Vista la varietà di capi da lavare e soprattutto la variabilità dei colori degli stessi e i tessuti più o meno delicati, la lavacontinua è in grado di mantenere in memoria la tipologia di biancheria introdotta e di seguirla per tutto il ciclo modulando i livelli dell’acqua, le temperature di lavaggio, i recuperi dalle vasche successive e l’introduzione dei vari prodotti per evitare ,ad esempio che si faccia un recupero da una vasca di colorati e si mandi in una vasca di bianchi rovinando irreparabilmente la biancheria. Il lavaggio si ottiene attraverso due azioni concorrenti: una azione meccanica di sbattimento in acqua e una azione chimica esercitata dai saponi e più in generale dai prodotti di lavaggio. La azione meccanica è quella di far dilatare i tessuti che per capillarità assorbono acqua, quest’acqua poi fa staccare dalle fibre parte delle macchie. Nelle macchine di lavaggio centrifuganti il risultato del lavaggio è dovuto principalmente all’azione meccanica dei panni che cadono violentemente dall’alto del cesto nel bagno sottostante, per questo è importante individuare la geometria del cesto e la velocità ottima di rotazione che esalti tale azione. Nelle lavacontinue è l’azione chimica a prevalere essendoci meno sbattimento non potendo i cesti ruotare completamente e non potendo raggiungere la velocità ottima di rotazione per il lavaggio. Il lavaggio chimico è più aggressivo nei confronti dei capi da lavare rispetto a quello meccanico ed in ogni caso la qualità di lavaggio avvenuto in macchina centrifugante, a parità di tutti gli altri fattori, è di norma migliore rispetto a quella risultato di un lavaggio in lavacontinua. La lavacontinua ha ragione di essere introdotta in caso di produzione costante nel tempo ed adeguata, ricordiamo che il limite di questo tipo di macchinario è nei lunghi tempi di messa a regime e nel grande assorbimento di energie e di acqua in senso assoluto che però si spalma sulla quantità di biancheria lavorata grazie ai recuperi di acqua, prodotti e calore come già visto.
Continuando il viaggio della biancheria in lavanderia, che sia lavata in lavacontinua o in macchina centrifugante, in ogni caso la biancheria lavata viene disidratata attraverso delle presse idroestrattrici nel caso di lavaggio avvenuto in lavacontinua o in macchine centrifughe nel caso di lavatrici centrifuganti. Oggigiorno l’utilizzo di macchine supercentrifuganti (ossia a cesto sospeso) che raggiungono velocità molto elevate di rotazione del cesto ha eliminato quasi totalmente la presenza di macchine centrifughe idroestrattrici nella lavanderia industriale. Una volta disidratata la biancheria viene introdotta in essiccatori rotanti che hanno il compito di sciorinare la suddetta biancheria e scaricarla all’interno di carrelli che vengono manualmente avvicinati alle linee stiro. Tali essiccatori sono, nel caso di lavacontinue, di tipo passanti avendo due porte una di carico e una di scarico, possono essere automaticamente caricati da opportuni shuttle a nastro che comandati da plc riconoscono l’essiccatore libero e dedicato alla tipologia di biancheria da sciorinare o asciugare. Infatti spesso si nota la presenza di uno o più essiccatori passanti dedicati all’asciugamento delle spugne che deve essere completo, essendo questa operazione particolarmente gravosa per questo tipo di macchine(la durata di asciugamento si aggira intorno a 40’ o più, che è un tempo lunghissimo nell’economia della lavanderia). Gli essiccatori passanti indicati per lavacontinua scaricano automaticamente la biancheria sciorinata o asciugata in carrelli posti dagli operatori in prossimità della porta di uscita/scarico, negli essiccatori a tamburo questa operazione di scarico è manuale, anche se gli essiccatori a tamburo di grossa portata sono ribaltabili in modo che scarichino da se i panni. In uscita dall’essiccatore, in base alla tipologia di capi (lenzuola, coprimacchie, tovaglie…), di norma i capi, posti all’interno dei suddetti carrelli, vengono avvicinati e qui introdotti manualmente in diverse linee di stiro dedicate costituite da introduttori a pinze o a banco aspiranti, mangani da stiro plurirullo, piegatrici e imbustatrici. Gli introduttori a pinze sono necessari quando si ha una importante produzione giornaliera di lenzuola, queste macchine possono essere a più postazioni da una a quattro in base alla produzione oraria della linea stiro e sono costituiti da pinze alle quali l’operatore avvicina e introduce due angoli contigui dal lato lungo delle lenzuola, o dal lato corto a seconda di introduzione in configurazione una o due vie. Per configurazione una via si intende che il lenzuolo singolo viene introdotto in linea stiro dal lato più lungo e trasversalmente, la configurazione a due vie è quella per cui le lenzuola singole vengono introdotte per testa occupando parzialmente solo metà della linea stiro in modo da poter stirare due lenzuola contemporaneamente. La macchina poi trascina le pinze in posizione centrale se ad una via o laterali in corrispondenza delle due vie e, dopo aver steso il lenzuolo, attraverso delle serie di spazzole a nastro trascinate da pulegge, adagiano le lenzuola su un piano aspirante. Normalmente tali introduttori hanno dei sistemi di correzione dell’introduzione e di centraggio. Sul detto piano aspirante scorrono delle fasce sulle quali sono stati praticati dei fori per agevolare l’aspirazione e di conseguenza l’attrito statico tra le lenzuola e le stesse. I nastri svolgono la funzione di accompagnare, introdurre le lenzuola nel mangano da stiro. Per capi di biancheria diversi dalle lenzuola ci sono degli introduttori a banco aspirante che non prevedono la presenza di pinze; i capi da stirare sono aspirati in una buca e vengono tenuti in tensione attraverso delle lame opportunamente sagomate, il numero delle dette lame varia da 1 a 6 a seconda delle tipologie di capi da lavorare per cui la macchina è progettata. Il mangano da stiro costituito da conche e rulli, può essere a conca mobile o a conca fissa e rullo mobile. Le conche sono dei semicilindri in acciaio o acciaio al carbonio riscaldate normalmente a 180°C circa da vapore che scorre in intercapedini. Oltre ai mangani a vapore esistono delle varianti a gas diretto, ad olio diatermico o elettriche (la cui conca è riscaldata da lunghe resistenze). Nei mangani ad olio diatermico, le conche sono riscaldate da serpentina o intercapedine posta sotto la conca attraverso cui fluisce, spinto da pompa, l’olio caldo (220°C circa); possono essere provvisti di caldaia riscaldatrice di olio diatermico incorporata nella carcassa del mangano (si dicono mangani a gas) oppure da allacciare a impianto termico esterno. I rulli sono forati in modo che il vapore acqueo risultato dallo stiro e asciugamento dei capi, li attraversi per poi essere aspirato fuori dal mangano tramite dei ventilatori posti nei lati del rullo stesso. I rulli sono ricoperti di molle che possono essere elicoidali individuali, elicoidali ottenuti da un unico filo avvolto su un nastrino di acciaio o lamellari, per tenere la biancheria a contatto con le conche calde e per staccarla in prossimità dell’uscita del mangano, vi sono dei nastrini di stoffa che scorrono su piccole carrucole con contrappesi che li tengono tesi e seguono il percorso dei capi da stirare. Le caratteristiche salienti di un mangano sono il numero dei rulli, la larghezza di stiro che varia da 500 mm a 4500 mm e il diametro del rullo variabile fino a 2000 mm. In Italia in particolare la maggior parte delle lavanderie industriali utilizzano dei mangani da stiro larghi 3300 mm, questo perché permettono la contemporanea stiratura di 3 coprimacchia che è un prodotto tipico italiano. I coprimacchia, infatti, sono delle tovagliette di forma quadrata e di lato misurante 1100 mm, cosi per stirarne 3 contemporaneamente si ha bisogno di una larghezza utile di stiro di 3300 mm. La scelta del numero di rulli e del diametro si fa in base alla produzione e all’umidità residua dai capi. I capi, infatti non devono essere completamente asciugati per evitare che le righe e le increspature delle fibre si fissino rendendo cosi vana la stiratura, normalmente per capi di biancheria piana che andranno sottoposti a stiratura in mangano, si suggerisce una umidità residua che varia dal 30% al 50% in base al tipo di tessuto. A valle del mangano da stiro vi è poi, come già accennato, una macchina piegatrice. Di macchine piegatrici ne esistono di diversi tipi in base alla tipologia di biancheria piana da piegare, al tipo di pieghe da effettuare ed essendo la scelta, come sempre d’altronde quando si parla di macchinari industriali, risultato dell’individuazione di un compromesso ottimo, anche dalla preponderanza della tipologia di biancheria piana da trattare. La macchina piegatrice standard applica 2 pieghe primarie (longitudinali nella lunghezza del lenzuolo) normalmente ottenute per soffio di aria tra due rulli posti uno sull’altro e controrotanti; il capo scende dal rullo superiore, nel momento in cui la metà del capo raggiunge la posizione tra i due rulli, un “flauto” (un tubo provvisto di una serie di ugelli) soffia dell’aria che spinge il capo verso l’interno della macchina in modo che sia intercettato dal secondo rullo controrotante e posto in modo sfalsato di pochi millimetri rispetto alla verticale del primo rullo, una volta intercettato dal secondo rullo, il capo, piegato in due, viene portato ad una seconda posizione di piega longitudinale costituita anch’essa da due rulli controrotanti ed un flauto . Dopo essere stato piegato due volte in direzione longitudinale il capo viene posizionato tramite dei nastri nella postazione di contropiega che normalmente è costituita da un coltello che spinge il capo tra due rulli controrotanti che piegano il capo una prima volta, altri due rulli che invertono il senso di rotazione applicano una seconda contropiega ed infine ci sarà un sistema di rulli ad inversione o palette ribaltabili che applicano la terza contropiega. Vi sono delle varianti nelle piegatrici per applicare ad esempio la terza piega longitudinale che si ottiene aggiungendo un altro rullo controrotante, uno scivolo e una serie di flauti. In uscita dalla piegatrice vi è un impilatore automatico che accatasta in modo ordinato un prefissato numero di capi. Nelle macchine piegatrici, una distinzione da fare è la possibilità di lavorare su più vie (corsie) contemporaneamente, di norma le macchine sono ad “1,2 vie finite” cioè 1 corsia centrale che piega i capi più grandi (lenzuola) con un programma oppure 2 vie laterali con un altro programma per piegare i capi di
larghezza inferiore a 150 mm. Le lavanderie di medio grandi dimensioni hanno delle linee stiro dedicate con piegatrici ad 1 via finita che lavorano solo lenzuola ed altre a 2 vie finite per lavorare le tovaglie. Esistono ormai già da diversi anni delle piegatrici a 3 vie finite, nelle quali il numero dei coltelli della contropiega è pari a 5, questo si spiega perché il coltello centrale entra in funzione nel programma ad 1 via finita(lenzuola), i due coltelli laterali posizionati ad ¼ e ¾ rispetto all’introduzione si azionano nel programma a 2 vie finite, a questo punto ci sono altri 2 coltelli ad 1/6 e a 5/6 della lunghezza che si azionano insieme a quello centrale per le 3 vie finite. Tali piegatrici possono essere corredate di sistema di autocorrezione della centratura dei capi inseriti, normalmente tale sistema è costituito da piani di contropiega in grado di scorrere trasversalmente fino a posizionare perfettamente nel mezzo del coltello di contropiega il capo da piegare, in altri casi tale sistema è costituito da pattini che trattengono il capo durante la piegatura dalla parte più corta per il tempo necessario alla centratura. Altre macchine progettate ad 1,2 vie finite, al fine di poter lavorare le tre vie finite hanno bisogno dell’ausilio di una macchina contro piegatrice autocentrante in gergo chiamata “autocentro”.
Questa è costituita da tre coltelli che applicano la contropiega ai coprimacchia e da ribaltatori e nastrini di raccolta dei capi impilati. Nel piano di contropiegatura avranno il sistema di centratura usualmente costituito da pattini scorrevoli longitudinalmente rispetto alla lunghezza della macchina. A volte si possono creare problemi di staticità in piegatrice, per questo i tessuti a maggior presenza di fibre sintetiche devono essere ben neutralizzati e trattati con acido acetico in fase di lavaggio.
In uscita dall’accatastatore vi sono dei nastri di raccolta che spingono le pile ordinate dei capi stirati e piegati in una imbustatrice a forno termoretraibile in continuo “a tunnel”. Questa è costituita da un nastro di introduzione in gomma che trascina la pila di capi da imbustare all’interno di un velo di cellophane tenuto in tensione da una srotolatrice, una lama provvista di un filo a resistenza salda il velo intorno alla pila, poi un altro nastro a catena fa transitare la pila all’interno del tunnel che salda la pellicola. Per piegare i capi piccoli quali tovaglioli, federe di cuscini, bidet si utilizzano delle macchine specifiche dette multipiegatrici per capi piccoli, costituite da una serie di nastri che trascinano i capi da stirare fino ad una posizione centrale di piega dove un aspiratore si attiva tenendo fermo il capo e due palette laterali applicano le prime due pieghe longitudinali, successivamente altre due palette applicano le ulteriori pieghe trasversali e il nastro porta i capi in corrispondenza di una pala ribaltatrice che impila i capi cosi piegati.
come sono fatti i generatori di vapore per applicazioni in lavanderie industriali?
Queste macchine possono essere molto diverse tra loro per costruzione e rendimenti, ma tutte si possono far rientrare in due famiglie principali: I generatori di vapore a tubi di fumo e i generatori di vapore a tubi d’acqua. I primi sono costituiti da un recipiente di forma cilindrica detto mantello e chiuso ai lati da due superfici circolari. Su una di queste superfici circolari vi è ricavata una grande cava cilindrica che termina in fondo alla macchina con una curvatura relativamente dolce. Questa cava altro non è che la camera di combustione della caldaia e, di conseguenza, le sue dimensioni saranno strettamente legate alla potenzialità della caldaia e del bruciatore ad essa associato, in questa sede possiamo affermare, per dare un’idea al lettore delle dimensioni di tale dispositivo che, per generatori di vapore in applicazioni di lavanderia industriale, il diametro della camera di combustione va da circa15 cm a circa 100-120 cm e oltre delle caldaie più grandi. Nella superficie detta vengono inoltre praticati dei fori circa da 6-10 cm che simmetricamente corrisponderanno ad altrettanti fori sull’altra piastra circolare posta nel fondo del generatore di vapore. In questi fori vengono introdotti e saldati sui due piastroni una serie di tubi che costituiscono il cosi detto fascio tubiero della caldaia. Entrambi i lati vengono poi chiusi da due porte circolari cave; sulla prima porta, in corrispondenza della foro della camera di combustione, si pratica il foro flangiato sede del bruciatore, mentre sulla seconda porta vi è il foro di uscita dei fumi che va allacciato alla canna fumaria. Il meccanismo di funzionamento è semplice: il bruciatore aspira aria attraverso un aspiratore e la miscela con il combustibile insufflando poi tale miscela verso l’interno della canna che, provvista di dispositivi di innesco e accensione (termocoppie), spinge in pressione la fiamma risultante la combustione della suddetta miscela nella camera di combustione; a questo punto tali fumi caldi incontrano il fondo della camera di combustione e sono costretti a ritornare indietro lambendo la superficie della camera di combustione stessa e entrando nell’intercapedine tra la porta anteriore ed il fascio tubiero, obbligati ad attraversarlo ne escono dalla parte opposta dopo aver rilasciato il contenuto energetico sotto forma di calore alla camera di combustione ed ai tubi. Per migliorare lo scambio termico vengono inoltre inserite delle strisce di lamiere sottili detti turbolatori aventi larghezza pari al diametro dei tubi e avvolte su se stesse a formare una elicoide che ostacola la fuoriuscita dei fumi trattenendoli per maggior tempo nel fascio tubiero ed aumentando la superficie di scambio scambiando per contatto essi stessi calore con la superficie dei tubi. Vi sono poi delle versioni maggiormente performanti, soprattutto per le dimensioni maggiori, a due o addirittura tre giri di fumo, dove cioè si ricavano più intercapedini nelle due porte obbligando i fumi ad attraversare più volte il corpo caldaia prima di uscire nel camino. Come già accennato ci sono poi i generatori di vapore a tubi d’acqua questi vengono anche detti istantanei perché proprio a differenza dei primi hanno tempi di avviamento molto più rapidi. Queste ultime macchine sono costituite da un cilindro cavo nel quale viene inserito il corpo caldaia costituito da una serie di tubi ed intercapedini o da un unico tubo avvolto su se stesso a formare una spirale cava per poi essere riavvolto a spirale esternamene alla prima spirale. Queste ultime sono dette anche a serpentino. I due lati del cilindro sono chiusi da altrettanti dischi di cui quello anteriore provvisto di foro flangiato per l’alloggiamento del bruciatore. In questo tipo di caldaie sono i fumi a circolare nel cilindro, la parte vuota del serpentino(quella centrale) a fungere da camera di combustione e il passaggio di stato dell’acqua in vapore ed il successivo surriscaldamento avviene direttamente nei tubi, infatti dal lato interno del serpentino una pompa cavaliera spinge acqua alla pressione di 11.98 bar e dalla parte di serpentino esterno esce il vapore saturo surriscaldato. E’ chiaro che la parte del serpentino di ritorno, quello esterno, ha un diametro maggiore di quello interno questo per compensare il maggior volume occupato dal vapore rispetto all’acqua liquida. Quello con intercapedine invece è costituito da due cilindri concentrici saldati alle due circonferenze estreme a formare una intercapedine tra i due e una serie di tubi che attraversano la camera di combustione mettendo in comunicazione parti diametralmente opposte dell’intercapedine. Ci sono grandi differenze tra i due sistemi di produzione del vapore e non solo per quanto riguarda i rendimenti (di norma si riesce, infatti a raggiungere maggiori rendimenti tramite le caldaie a tubi di fumo rispetto a quelle a tubi d’acqua), ma anche per i permessi e autorizzazioni necessari all’installazione, di sicurezza delle macchine stesse e di modalità di utilizzo; le caldaie a tubi di fumo si consigliano ai clienti che hanno l’esigenza di utilizzare il vapore per lunghi periodi continuativi come avviene nelle grandi lavanderie industriali a maggior ragione in presenza delle lavacontinue, vi sono però delle accortezze da seguire e degli obblighi di legge, tra cui la presenza in azienda continua e costante di un operatore conduttore di caldaie a vapore avente l’autorizzazione di conduttore professionale di caldaie a vapore ed in possesso del patentino di conduttore di caldaie a vapore della stessa categoria o categoria maggiore della caldaia che si vuole gestire. Questo patentino non è semplice da ottenere, bisogna seguire dei corsi specialistici per i quali peraltro sono previsti dei requisiti quali essere in possesso di diploma tecnico o da ingegnere… Le caldaie a tubi d’acqua sono, di norma esonerati dalla presenza del conduttore patentato. Se invece la necessità di vapore non è continua e costante, ma segue un impiego più intermittente, ad esempio nel caso di piccole lavanderie industriali che a volte alcuni giorni della settimana utilizzano il vapore solo per 2-3 ore, allora è chiaro che si potrà essere orientati alla installazione ed utilizzo di una caldaia a tubi d’acqua che non ha quell’inerzia iniziale all’accensione, è più versatile e meno impegnativa. Un ulteriore vantaggio della caldaia a tubi di fumo è il fatto di avere, proprio per configurazione geometrica propria una riserva di vapore che permette di meglio modulare e far fronte ad eventuali cadute di carico in caso di richiesta repentina di vapore contemporanea da parte di più macchine. La normativa sui recipienti in pressione PED regola, inoltre le modalità di installazione e di utilizzo delle caldaie in base alla potenzialità (sotto i 34 kw non ci sono particolari accorgimenti, sopra è necessario il locale caldaia, sopra i 115 kw oltre al locale caldaia è necessaria l’autorizzazione dei vigili del fuoco e poi ancora l’ispezione regolare periodica dei vigili del fuoco ecc.), l’impiantista dovrà tenere conto anche di questa direttiva nella scelta della caldaia.